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Di Pietro Preziosa
Quale futuro per le uve da tavola italiane?

La campagna viticola 2010 è da poco conclusa e, fra i diversi argomenti tecnico- commerciali affrontati, si intende qui soffermarsi su alcuni aspetti emersi da più parti, riguardanti un areale viticolo molto ampio (dalla Puglia alla Sicilia) e che, per il grande rilievo economico, coinvolgono tutti gli attori della filiera viticola dell'uva da tavola. 



Al di là delle previsioni catastrofiche sull'impossibilità nel futuro di poter continuare a coltivare uva da tavola nel meridione d’Italia a seguito di un continuo e progressivo cambiamento climatico nelle nostre regioni, una cosa è certa: nelle ultime annate, in particolar modo con le uve di seconda e terza epoca, non si riesce a garantire quella eccellenza qualitativa che aveva sempre contraddistinto le nostre produzioni.



Cos’è cambiato in questi ultimi anni?
Quali possono essere i fattori e le variazioni immesse nel sistema produttivo dell’uva da tavola che hanno potuto interferire sui risultati qualitativi?

Si annoverano di seguito alcune tecniche ed interventi sui quali sarebbe opportuno un maggior approfondimento e riflessione, alla luce dei risvolti e dell’importante ruolo svolto nell’ambito di una produzione integrata dell’uva da tavola: 

 

  • a) Le tecniche colturali  di allevamento della vite sono state modificate.
  • b) Le condizioni microclimatiche sono state più favorevoli allo sviluppo delle fitopatie.
  • c) Lo stato nutrizionale ed irriguo è stato modificato, con un maggior utilizzo di fertirriganti radicali e concimi fogliari.
  • d) Le metodologie di protezione sono state modificate, in barba a tutti i principi della buona pratica agricola.
  • e) Il numero dei trattamenti e gli interventi sono aumentati con riguardo ad alcune problematiche fitopatologiche.
  • f) La totalità dei protocolli di protezione, "condivisi" con gli interlocutori commerciali e GDO tedesca (che rimane il nostro più importante referente commerciale), fissano un tetto massimo di residui di principi attivi (4 o 5) e, nella maggioranza dei casi, anche una riduzione percentuale del RMA (residuo massimo ammesso) legale europeo, obbligando e costringendo indirettamente il viticoltore all’utilizzo ripetuto della stessa sostanza attiva per il medesimo problema tecnico, al fine di avere un certificato d'analisi in linea con le richieste.
  • g) Una selezione ed una cura maggiore del prodotto nelle fasi di pre- e post-raccolta, con una scelta adeguata del packaging e del condizionamento, anche con notevoli investimenti in tecnologie di frigoconservazione, per poter contare su un minimo di 60 gg. di stoccaggio della merce, senza rischiare di avere risultati insoddisfacenti.

 



In merito al punto a) bisogna riconoscere che la maggior parte della vite da tavola, per non dire la totalità, viene prodotta oggi sotto coperture di film in plastica, con l’obiettivo non solo di anticipare il prodotto e/o ritardarlo, ma molto spesso per "difenderlo" dalle avversità meteorologiche.



Mediante tale tecnica colturale, se da una parte si raggiungono e perseguono risultati degni di nota, e la peronospora non crea più problemi, d’altra parte non bisogna dimenticare che in questo nuovo ambiente "serra", specialmente se non si utilizzano adeguati film di plastica e sistemi di impianti appropriati, si creano, come al punto b), condizioni microclimatiche più favorevoli allo sviluppo di altri funghi, quali  oidio e muffe varie. 



Il viticoltore, pur di raggiungere determinati obiettivi qualitativi e quantitativi, ha affinato le tecniche nutrizionali, di cui al punto c), ricorrendo ad un utilizzo non sempre razionale di elementi nutrizionali sia per via radicale che fogliare. 

Contestualmente, si è fatto un uso non adeguato di sostanze fisionutrizionali e morfogenetiche (quali giberelline e citochinine simili) che in alcuni contesti, "ingentilendo" la vegetazione, hanno reso i tessuti vegetali più facilmente aggredibili dalle fitopatie, peggiorando nel contempo anche le caratteristiche qualitative e gustative del prodotto.

Sempre in questo ambiente "serra", la tecnica colturale ha portato a bandire l’uso degli zolfi a secco, limitare quelli bagnabili, eliminare molti prodotti che agivano per contatto sulle problematiche fungine e prediligere viceversa delle sostanze attive singole e non in miscela, di cui al punto d), dimenticando le più elementari regole delle strategie antiresistenza e delle buone pratiche agricole.

Al pullulare di alcune infezioni fungine di oidio e muffa grigia, gli interventi fitoiatrici ripetuti con le stesse sostanze attive o con molecole dallo stesso meccanismo d’azione, coma ai punti e) ed f), hanno selezionato ceppi di funghi meno sensibili alle stesse sostanze e quindi "più aggressivi", con il risultato che per molti prodotti il grado d’azione e di efficacia si è notevolmente affievolito. 



Sempre nell'ambiente del vigneto sotto film plastico si continua ad utilizzare una attrezzatura (nebulizzatore, atomizzatore) con convogliatori ad aria nello stesso senso di marcia della macchina, agevolando, con lo stesso movimento dell’aria, la diffusione delle infezioni fungine e saturando con milioni e milioni di conidi ogni millimetro quadrato di superficie vegetativa della vite.  

Quale tecnica o linea di protezione può tenere a freno, in simili condizioni, lo sviluppo di questi funghi?       



Certamente anche i migliori accorgimenti implementati nella tecnica di stoccaggio e frigoconservazione, di cui al punto g), non sempre raggiungono i risultati attesi su uve provenienti da questi ambienti "serra", le quali portano con sé potenziali infettivi di tali entità, da vanificare ogni progetto economico di esportazione.

A fronte di queste osservazioni, è necessario ed impellente rimuovere innanzitutto tutti i fattori predisponenti lo sviluppo delle infezioni fungine, cercando di non creare condizioni favorevoli al loro sviluppo, attecchimento e diffusione, con metodiche agronomiche di prevenzione - ad esempio implementando le regole più importanti di una produzione integrata con l’adozione "obbligatoria" di strategie antiresistenza - piuttosto che curarle con la pressione di agrofarmaci specifici. 

Cogliamo dunque l’occasione della visibilità che FreshPlaza ci consente, al fine di raggiungere tutti gli Attori della Filiera dell’uva da tavola per comunicare loro che le suddette deduzioni sono la sintesi di alcuni lavori presentati in occasione del 22mo "Forum di Medicina Vegetale", organizzato dall’Associazione Regionale Pugliese Tecnici Ricercatori in Agricoltura e dal CRSA Basile Caramia, e svoltosi a Bari lo scorso 14 dicembre 2010.

Poiché ognuno di noi è parte lesa nei riguardi di chi "ci induce a comportamenti tecnicamente e legalmente scorretti", sollecitiamo e invitiamo tutte le parti interessate all’apertura di un immediato tavolo di confronto, per discutere su questi delicati argomenti che riguardano il futuro delle nostre produzioni di uve da tavola.

Articolo tratto da freshplaza.it

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